La sindrome del colon irritabile (IBS Irritable Bowel Syndrome) è un disturbo gastrointestinale funzionale cronico estremamente comune e spesso molto debilitante. E’ associata a gonfiore, dolori addominali, alterazione del transito intestinale con diarrea o costipazione, flatulenza. Negli ultimi decenni c’è stato un preoccupante aumento dell’incidenza delle malattie infiammatorie intestinali (IBD) in tutto il mondo.

La patogenesi dell’IBD coinvolge fattori genetici e ambientali. Una dieta come quella occidentale, chiamata anche Western Diet (ricca di acidi grassi saturi e acidi grassi trans o povera di fibre), può favorire l’infiammazione intestinale disregolando il sistema immunitario, alterando la permeabilità intestinale e lo strato mucoso, contribuendo alla disbiosi microbica e ad altri meccanismi.

Pertanto i cambiamenti nella dieta potrebbero essere integrati nelle strategie terapeutiche per l’IBD. È stato dimostrato che alcuni componenti alimentari possono avere effetti protettivi nello sviluppo di queste malattie e inibire la loro forma attiva. I componenti più frequentemente indicati di tale dieta sono le fibre alimentari, in particolare le fibre solubili, gli acidi grassi essenziali, i probiotici, i prebiotici, le vitamine (D, E e C) e lo zinco. Alcuni di ess hanno funzioni immunomodulanti, che supportano il sistema immunitario umano nella lotta contro i patogeni.

Negli ultimi anni si è parlato molto dell’efficacia della dieta low FODMAP (arconimo di “Fermentable, Oligo-, Di-, Mono-saccharides And Polyols”) nella gestione della sindrome del colon irritabile.

Si tratta di un protocollo alimentare ideato e studiata dagli esperti della Monash University in Australia. E’ una dieta che può migliorare la qualità della vita del paziente, ma viene sconsigliato fortemente il “fai da te” per fare in modo che sia opportunamente bilanciata in nutrienti e adeguata ai fabbisogni energetici della singola persona.